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Channel: Panorama - MotoGP
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Il dramma di Antonelli. Morto in moto come Sic

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MotoGP
Una nube d'acqua. Da non vedere a un palmo dal naso. I piloti l'avevano detto. Meglio non scendere in pista, non ci sono le condizioni per correre. A Mosca piove e fa freddo. Ma gli organizzatori fanno sapere che è tutto ok, che la gara della categoria Supersport, diretta declinazione della Superbike, si può fare. Anzi, no, si deve fare. Poi, la partenza. La scivolata. La tragedia. Che si consuma in pochi istanti, sotto lo guardo di addetti ai lavori e appassionati. Andrea Antonelli, 25enne pilota del Team GoEleven muore sul colpo. Poteva essere l'anno giusto, quello della svolta. Per trovare spazio tra i grandi delle due ruote. La pioggia, il destino e organizzatori poco accorti hanno deciso diversamente. "Roccoli è stato tamponato da Andrea, che è caduto - ha detto poco dopo Massimo Corbascio, medico della clinica mobile della Superbike, ai microfoni di Sky Sport 24 -. Zanetti andava a 250 km orari e non l'ha potuto evitare. Lui stesso dice di aver preso 'questa cosa verde' ed essere caduto, procurandosi delle ferite". La conclusione, se possibile, è ancora più amara: "Se un pilota viene investito da una moto che pesa 160 kg a 250 km orari e viene colpito al cranio, cosa rimane? E' andato a fare compagnia a Marco Simoncelli...". Di puro sgomento anche la reazione di Loris Capirossi, consulente per la sicurezza della MotoGp. "Non ho visto le immagini - ha detto l'ex pilota a Sky -, in 330 gare è capitato in più di un'occasione di gareggiare in condizioni meteo difficili, con la visibilità al minimo. Ma se la visibilità non è buona o accettabile, le gare vanno fermate. Non conoscevo Andrea, ma per me sono come dei figli, come dei compagni. Alla fine un pilota si sente sempre invincibile  ma nel percorso della vita capitano cose del genere. Stiamo lavorando molto per la sicurezza, ma incidenti come questo o come quello di Simoncelli possono capitare". E' il 23 ottobre 2011. A Sepang si corre il Gran premio della Malesia della MotoGp. C'è Valentino Rossi che comincia a lamentarsi della scarsa affidabilità della sua Ducati. C'è Casey Stoner, che si prepara a celebrare il suo primo titolo Mondiale. E ci sono pure Andrea Dovizioso e Marco Simoncelli, che nelle prime libere del weekend si mettono in mostra in tutta la loro determinazione e talento. Comincia la gara. Al secondo giro, il tragico epilogo. Sic perde il controllo della sua Honda e scivola. Questione di attimi, forse meno. Rossi ed Ewards non riescono a evitarlo. Il Sic muore sul colpo. Il Sic non c'è più. Lo piangono gli appassionati delle due ruote. Lo piange un Paese intero. Se ne va uno dei personaggi più travolgenti e simpatici di sempre della MotoGp. Nasce il mito. L'elenco dei piloti scomparsi nel corso delle prove libere, delle qualifiche o delle gare è lunghissimo. Le cronache dicono che il primo pilota a perdere la vita in sella a una moto fu l'inglese Ben Drinkwater. Era il 9 giugno del 1949. Ben era all'esordio nella 350. Negli anni successivi, gli incidenti mortali divennero una tragica consuetudine. Se oggi perdere la vita in sella a una moto durante una gara è un fatto fortunatamente insolito, allora non era la regola, ma quasi. Altro contesto, altre condizioni, altre possibilità. Quasi un altro sport per le condizioni di sicurezza con le quali si correva. Da allora, il conto dei deceduti è diventato altissimo, superiore a cento. L'Italia ha pianto tanto. Ambrosini, Frigerio, Colombo, Pasolini, Buscherini, Ziggiotto, Pazzaglia, soltanto per citarne alcuni. Erano piloti. Ma anche e soprattutto ragazzi che avevano una voglia matta di sentire la velocità sulla pelle. 

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